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Prospettive durante la crisi del coronavirus

Intervista con il signor Gabriele Domenighetti, delegato della Conferenza centrale cattolica romana della Svizera (RKZ), e con il signor Ernesto Borghi, presidente Associazione Biblica della Svizzera Italiana (ABSI).

[Translate to italienisch:] Photo by Evgeni Tcherkasski on Unsplash

Che effetti ha prodotto su di voi la crisi del coronavirus e come ha modificato il vostro vivere quotidiano?

Gabriele Domenighetti: Rinunciamo alle consuetudini che oggi non sono più così scontate, come il weekend in montagna, le messe domenicali, le visite ai parenti o anche più semplicemente il taglio dei capelli, la riparazione del cellulare. A casa abbiamo ridefinito le nostre priorità, leggiamo e riflettiamo di più. Io e mia moglie ci rechiamo però tutti i giorni al lavoro, avendo entrambi un ruolo considerato « necessario » e inoltre non abbiamo figli, pertanto le decisioni nella nostra quotidianità in questo periodo sono mediamente più semplici.

Ernesto Borghi: Gli spostamenti fisici e gli incontri diretti con tante persone sono stati progressivamenti ridotti e, dall’inizio di marzo 2020 in poi, progressivamente azzerati. È notevolmente aumentata possibilità di leggere testi cartacei ed elettronici e vedere programmi televisivi, di occuparsi di elementi culturali che l’elevato ritmo del lavoro ordinario aveva reso limitata o quasi inesistente. Si sono riannodate relazioni umane da tempo sopite e se ne sono rafforzate sensibilmente altre.

Quale rinuncia o quale provvedimento ha avuto o ha ancora il maggior effetto sul lavoro della vostra istituzione? 

Gabriele Domenighetti: Gli incontri con gli stakeholder, siano essi clienti o fornitori, sono stati annullati e vanno dunque sostituiti con altri mezzi. Anche sul posto di lavoro vanno mantenute le regole di «distanziamento sociale». Alcuni colleghi sono stati trasferiti in altri uffici per ottimizzare gli spazi. Le riunioni sono più ridotte e in spazi più ampi. La tecnologia fornisce un aiuto almeno parzialmente, in particolare per quanto riguarda lo smart working. Non basta però la disponibilità tecnica di lavorare da casa, serve anche un approccio mentale adeguato che l’epidemia ci ha forzato ad assumere, ma forse non ancora a recepire completamente affinché il lavoro resti egualmente «smart». 

Ernesto Borghi: Il rischio del contagio, l’impossibilità di incontrarsi direttamente e l’incertezza sulle possibilità future hanno fatto rinviare al prossimo autunno 2020 tutte le iniziative che sarebbe stato molto penalizzante o assai arduo trasferire sui mezzi di comunicazione elettronica.

Come raggiungete e come date il vostro sostegno ai gruppi cui vi rivolgete nella situazione attuale?

Gabriele Domenighetti: Fra i nostri contatti abbiamo persone di tutte le età e facendo volontariato siamo confrontati anche con situazioni di bisogno. In realtà non facciamo cose straordinarie, ma anche una sola telefonata in più, magari a persone che non vivono la nostra quotidianità, o prestarsi per fare la spesa ai vicini più anziani è un modo semplice ma apprezzato di venirsi incontro.

Ernesto Borghi: Il canale Youtube e le pagine Facebook discendenti dall’Associazione Biblica della Svizzera italiana sono gli strumenti con i quali continua il nostro lavoro formativo (per es.: abbiamo concluso il nostro corso ecumenico di lettura del vangelo secondo Matteo solo nella versione online). Stiamo sviluppando tali modalità d’intervento con proposte formative più limitate nella durata dei singoli momenti, ma ricorrenti, giorno dopo giorno. Continuiamo a lavorare ai numeri 2020 della rivista «Parola&parole» (il I numero 2020 è già in stampa) e al IV volume (traduzione ecumenica commentata del vangelo secondo Giovanni) del progetto «Leggere i vangeli per la vita di tutti».

Immaginatevi di passare in rassegna alla fine dell’anno il manifestarsi della crisi dello scorso mese di marzo: che cosa rimane nel vostro ricordo come la maggiore difficoltà e il maggior dolore? Quale effetto positivo sperate di poter ricordare e ritenere a tale proposito?

Gabriele Domenighetti: Nella speranza che a fine anno potremo pensare a tutto questo veramente come a un ricordo, mi resterà il rispetto fra le persone e il senso di solidarietà accresciuti che ho percepito. Spero che qualcosa possa rimanere, ma ne dubito fortemente. Difficoltà e dolore ? Potrò rispondere se avrò nella mia cerchia di conoscenze malati gravi o persone che ci hanno lasciato. Il Ticino è una piccola regione, molti si conoscono, e questa è un’eventualità non così remota. Se si è confrontati con un dramma vero, le prospettive cambiano rapidamente, anche per coloro che tendono a banalizzare la situazione.

Ernesto Borghi: L’impossibilità di incontrare direttamente le persone, la preoccupazione per le condizioni psico-fisiche dei nostri associati e di tutte le persone a loro care e la trepidazione nel non sapere che cosa ci aspetti nel futuro a breve e a medio termine sono certamente gli aspetti più dolorosi di questa terribile contingenza. Speriamo di poter consolidare le relazioni umane riprese a seguito di tale evenienza e di sviluppare il nostro lavoro sempre meglio, a livello anzitutto di incontri diretti, di iniziative internet e di bibliografia cartacea.

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